La biro blu

Chi non conosce se stesso è perduto.

(Indira Gandhi)

 

Stanotte l’ho vista. Era altissima, sopracciglia e capelli bianchi, ma il viso giovane. Molto giovane. Avresti detto 16 o 17 anni.

In piedi a bordo del letto, mi osservava senza fiatare. Eppure, mi aveva svegliato, ma come? O forse sarà stata la finestra aperta e l’odore di mare che aveva invaso la stanza? Un odore insolito di  mare in tempesta, carico d’alghe e salsedine.

Non posso dire di avere avuto paura, Dio no. Anzi, ebbi una singolare sensazione di aver perso ogni insicurezza e con lei quella parte di me dove risiedevano le angosce, i rimorsi, i rimpianti. Insomma, ero sereno. Se c’era un luogo dove c’era la pace quella notte sulla terra, era proprio in quella stanza.

Fui subito colpito dal suo sguardo intenso, intenso ma anche un po’ scocciato, stufo, avresti detto un viaggiatore stanco, sfuggito alle intemperie e appena giunto in porto.

– Sono un angelo – disse – l’angelo della celebrità. Immagino che mi aspettassi.

– Si – risposi subito, pimpante come un grillo – è talmente tanto che paziento. È vero, ho chiesto una mano al cielo ed è passato così tanto tempo.

– Bene – reagì in un lampo e aggiunse in modo stringato:  – Il cammino era lungo. Ecco il contratto.

Mi ero appena poggiato sui gomiti per tirarmi su che lei già aveva aperto il grosso volume, all’ultima pagina. Mi porse una biro, una semplice biro blu, col tappino tutto masticato.  Angela dormiva respirando affannosamente, ignara di tutto.

– Va sempre così di fretta? – chiesi.

Non rispose subito, abbozzò prima un sorrisetto fra il sardonico e l’annoiato, quindi mi confidò:

– Ho finito il mio lavoro. Sei l’ultimo e non ho che un desiderio: sbrigarmi e rientrare al più presto, lassù, fra le stelle. Cinquemila anni son lunghetti, moscerino.

 

Lessi lo stampato. Conteneva un’unica piccola frase ed era redatto in antico persiano, ma la cosa non mi meravigliò. Non mi stupì nemmeno che lo sapessi leggere così bene, l’antico persiano. Il mio nome troneggiava al centro del foglio.

Antonio il Grande

E poi:

Mi impegno a tradire i miei sogni da bambino,

Data e Firma.

«Sogni da bambino»…Questa non ci voleva. Soppesai la cosa qualche secondo prima di afferrare la biro per sottoscrivere. Pensai: Io che non volevo farne un cazzo della mia vita… Ma quali sogni, aspirazioni… Da piccolo non avrei voluto altro che continuare a giocare e evitare, se possibile, di diventare un vero adulto. Quindi, in fin dei conti, i miei sogni infantili erano già stati belli e che traditi.

Affondò lo sguardo nei miei pensieri, ecco dove mi guardò, una specie di radiografia dell’anima o del cervello.

– Allora mo-sce-ri-no – scandì – convalida questa paginetta, griffala col tuo nome e chiudiamola qui.

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La cosa cominciò a infastidirmi, scivolai fuori dal letto e mi piazzai, dritto e  fiero, davanti a lei. Gli arrivavo al gomito. Dissi:

– Perchè mai dovrei sottoscrivere una così grande stronzata. Mi ascolti, sembra scontato, ma non lo è: Tutti i grandi sono stati bambini una volta e tutti, o quasi tutti, hanno sognato di diventare qualcuno, qualcosa… Ma io no, non mi ricordo proprio d’aver sognato di diventare un Grande…

– Senti, cocco, mi sto annoiando, mi resta un posto nella storia, uno solo, o te lo becchi tu o ci metto una croce chiudo il libro e mi sgancio.

– Un momento – dissi, socchiusi gli occhi e provai a concentrarmi di nuovo sulla rilevanza di quella frase «mi impegno a tradire…»…

Quando li riaprii era piegata sul grande tomo e stava scrivendo qualcosa. Mi chinai e lessi: Vanteria vuota!

Appose un sigillo con la testa del suo anello, quindi firmò: La Gloria.

– Ci vediamo mo-sce-ri-no – mormorò – il tuo tempo è scaduto. Ti trovo un tantino capriccioso. Non sai nemmeno tu quello che vuoi oppure, non ne sei consapevole.

E spiff, si dileguò nel nulla.

 

Mi svegliai e non era ancora l’alba. Mia moglie, ritta davanti alla finestra, osservava il cielo scuro, ascoltando il sommesso sciacquio della risacca. Disse:

– Si direbbe che persino la luna e le stelle si siano affrettate stanotte. Non c’è più nulla che brilla, eppure il cielo è sereno…Qual è il tuo programma, oggi?

Guardai sul comodino, la biro (quella biro!) era là, col tappino masticato dalla gloria, e sotto la biro una risma di fogli, bianchi e immacolati.

Era evidente, cos’altro avrei potuto risponderle.

– Scrivere – affermai – ho un notevole ritardo da colmare.

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Bic Biro di John Cooper

Follow your dreams di Chris Devers

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